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Relazione finale del progetto Arge Alp
Limpatto del permafrost su frane e crolli di roccia
Depositi detritici sul Piz Kesch, Alpi dellAlbula GR, Svizzera (Foto: M. Phillips)
Robert Kenner e Marcia Phillips
WSL Istituto per lo studio della neve e delle valanghe SLF
Arge Alp Frane e crolli di roccia nelle aree di permafrost
Frane e crolli di roccia nelle aree di permafrost: fattori di impatto, meccanismi scatenanti e conclusioni pratiche
Relazione finale del progetto Arge Alp
Limpatto del permafrost su frane e crolli di roccia
Finanziamento del progetto: Arge Alp
Committente: Andreas Huwiler, Ufficio foreste e pericoli naturali dei Grigioni
Rendicontazione: Robert Kenner e Marcia Phillips, WSL Istituto per lo studio della neve e delle valanghe SLF
Partner progettuali: Florian Amann (ETH Zurigo)
Yves Bonanomi (Bonanomi AG)
Andrew Kos (Terrasense Switzerland)
Volkmar Mair (Ufficio Geologia e prove materiali Bolzano)
Marcia Phillips, Robert Kenner (SLF)
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Indice
1.Introduzione.....................................................................................................................................42. Misurazioni effettuate e base di dati.......................................................................42.1.Progetto Arge Alp.......................................................................................................................42.2. Crollo di roccia sul Piz Kesch..................................................................................................52.3. Crolli di roccia sul Pizzo Cengalo............................................................................................82.4. Crolli di roccia sul Gross Krpf .............................................................................................112.5.Stazione di ricerca Gemsstock ........... ..............................................................................132.6. Stazione di ricerca sul crinale orientale dello Jungfrau.....................................162.7. Banca dati dei crolli di roccia ................................................................................................162.8. Analisi GIS sui crolli di roccia nei ghiacciai.........................................................................173.Fattori di impatto sul crollo di roccia............................................................................................183.1.Predisposizione strutturale.................................................................................................183.2.Pressione criostatica..........................................................................................................183.3Permafrost..203.4.Glaciazione...................................................................................................................213.5. Forti precipitazioni e pressione idrostatica.............................................................223.6. Processi termomeccanici...........................................................................................243.7.Terremoti..............................................................................................................................244.Il processo di destabilizzazione...............................................................................................254.1. Rilevanza dei singoli fattori................................................................................................254.2. Leffetto die singoli fattori nel corso del processo.............................................................274.3. Interazione dei fattori...........................................................................................274.4. Stagioni e profondit delle zone di distacco........................................................................285.Proiezione futura: il permafrost nelle pareti rocciose e il cambiamento climatico.................296.Letteratura ........................................................................................................................................30
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1. Introduzione
Nel 2012 stato lanciato il progetto Arge Alp Limpatto del permafrost su frane e crolli di roccia insieme ai partner progettuali sopra elencati. Il progetto era incentrato sui cambiamenti delle temperature del permafrost nelle Alpi (Harris et al., 2003; PERMOS, 2016; Zenklusen Mutter et al., 2010) e sulla contemporanea intensificazione dei fenomeni di crollo di roccia nelle aree con permafrost (Huggel et al., 2010). Il termine permafrost descrive la condizione termica del suolo o sottosuolo roccioso la cui temperatura per due anni non supera quella di 0 C. Si definiscono crolli di roccia i distacchi di parete rocciosa con un volume superiore ai 100 m3, le frane hanno un volume superiore a 1 milione di m3 e sono altres oggetto della presente relazione.
La letteratura specializzata stabilisce un collegamento tra lintensificazione dei crolli di roccia e il riscaldamento del permafrost (Gruber et al., 2004; Ravanel et al., 2010), collegamento che il progetto Arge Alp si prefisso di approfondire. La presente relazione rappresenta una sintesi dei risultati del progetto e dello status generale della ricerca sui crolli di roccia nelle aree di permafrost. La relazione si riferisce ai crolli di roccia in aree dalta quota nelle quali la presenza di permafrost dimostrata o quantomeno probabile. Accanto al permafrost vengono illustrati altri fattori che impattano la stabilit delle pareti rocciose e la combinazione tra questi fattori.
2. Misurazioni effettuate e base di dati
2.1. Progetto Arge Alp
Sulla scia del progetto Arge Alp Limpatto del permafrost su frane e crolli di roccia sono stati analizzati un crollo di roccia sul Piz Kesch e una frana sul Pizzo Cengalo, nonch delle instabilit di roccia che l hanno perdurato. I risultati di queste analisi nel caso del Piz Kesch sono stati pubblicati sul Journal Earth Surface Processes and Landforms (Phillips et al., 2016c) e sul Bnder Wald (Phillips et al., 2015). Riguardo alla ricerca sul Pizzo Cengalo sono usciti un abstract e un poster al 13 congresso INTERPRAEVENT 2016 di Lucerna (Phillips et al., 2016b) e una tesi di master (De Preux, 2014). Inoltre i partner progettuali hanno fatto analisi presso altre sedi di ricerca. Nel presente documento si intendono sintetizzare brevemente i risultati di questi studi. Dellimpatto e della correlazione tra i fattori che impattano il crollo di rocce in aree di permafrost si parler in dettaglio in seguito.
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2.2. Crollo di roccia sul Piz Kesch
Il crollo verificatosi sul Piz Kesch (Alpi dellAlbula, Grigioni) avvenuto tra il 7 e il 16 di febbraio 2014 (la data precisa sconosciuta). Si trattato del crollo di un pilastro di roccia alto circa 110 m e grande 150000 m3 staccatosi dalla parete nord del Piz Kesch sul ghiacciaio di Porchabella. La massa scivolata per ca. 1000 m sopra il ghiacciaio coperto di neve, che ha una pendenza media di soli 14. Nella zona di distacco era visibile ghiaccio (figura 1).
Figura 1: crollo di roccia ai piedi della parete nord del Piz Kesch sul ghiacciaio del Porchabella a febbraio 2014. In alto a sinistra: ghiaccio nella zona di distacco. In fondo a destra: campione di ghiaccio dalla zona di distacco la cui et stata stimata a circa 6000 anni con metodo C14. (foto: M. Phillips, immagine da Phillips et al. 2016c).
Successivamente al crollo di parete rocciosa sono state eseguite analisi della zona di distacco e dei detriti con un laserscan terrestre (TLS), per ottenere un preciso modello del territorio. Rispetto al pi vecchio modello dellufficio federale di topografia (swisstopo) Swissalti3D si sono potuti determinare il volume e la posizione del materiale staccatosi (fig. 2). Inoltre grazie alla nuvola di punti in 3D risultante si potuto creare un modello strutturale geologico. stato poi recuperato e datato un campione del ghiaccio fessurale rimasto. Infine stato effettuato un modello del crollo di roccia con il software di simulazione valanghe RAMMS.
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Figura 2: a sinistra: pilastro di roccia sul Piz Kesch nellestate del 2013. A destra del pilastro si vedono depositi risultanti dai primi eventi (Foto: R. Barblan). A destra: le dimensioni del pilastro di roccia (immagine da Phillips et al. 2016c).
I risultati di queste analisi si possono riassumere come segue: il crollo di roccia non si pu ricondurre ad un singolo evento o ad un solo fattore scatenante. Piuttosto si tratta del risultato del continuo impatto di diversi processi. Il ghiaccio fessurale del Piz Kesch (fig. 1) e il materiale organico in esso contenuto datano pi di 6000 anni e derivano da unepoca di pi scarsa glaciazione e pi alto limite della vegetazione arborea rispetto ad oggi. La diaclasi che ha alla fine portato alla zona di distacco esiste perci da pi di 6000 anni e segue il sistema di fessure presente per natura (fig. 3). A causa del ghiaccio in questa fessura si sono verificati dei processi che potrebbero averne determinato una dilatazione e un eventuale ingrandimento della superficie.
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Figura 3: analisi geologica strutturale del pilastro di roccia crollato sul Piz Kesch. Nello schizzo sono indicate le discontinuit della roccia che si staccata nonch i suoi confini (linea nera tratteggiata) (Foto: R. Barblan, immagina da Phillips et al. 2016c).
Dallinizio di questo processo fino ad oggi si sono verificate importanti variazioni di clima che hanno determinato sulla parete rocciosa unalternanza tra glaciazione e scomparsa del ghiaccio. Lultima fase della formazione di ghiaccio avvenuta durante la piccola era glaciale, come dimostrano le fotografie storiche e le carte topografiche. Molto probabilmente anche le profondit di disgelo del permafrost nella parete rocciosa erano interessate da queste oscillazioni climatiche. Le variazioni della glaciazione e delle profondit di disgelo della parete rocciosa rappresentano fattori che assai probabilmente hanno contribuito a destabilizzare il pilastro roccioso. Tali variazioni hanno favorito la penetrazione di acqua nel sistema di fessure e linnesco di pressione idrostatica o in caso di formazione di ghiaccio criostatica, che pu determinare un allargamento delle fessure. Le variazioni di pressione dovute al ghiaccio del ghiacciaio determinano un ulteriore logoramento dei ponti rocciosi allinterno delle fessure. Il crollo sul Piz Kesch conferma che i crolli di roccia di quantit superiore ai 100000 m3 possono verificarsi anche in inverno. La simulazione del crollo con RAMMS (Rapid Mass Movements Simulation Software) dimostra che tutto il pilastro crollato intero, altrimenti larea di deposito dei detriti non avrebbe potuto raggiungere una tale lunghezza (fig. 1 & 4), che stata favorita anche dalla superficie liscia del ghiacciaio e dal suo manto nevoso.
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Figura 4: confronto dei rilevamenti RAMMS con il profilo cartografico dei depositi detritici (poligono nero). A sinistra: modello RAMMS del crollo di parete rocciosa con caratteristiche granulari di flusso (mistura di neve e pezzi di roccia). A destra: modello RAMMS nellipotesi di distacco di singoli blocchi (immagine da Phillips et al. 2016c).
2.3. Crolli di roccia sul Pizzo Cengalo
Lultima serie di crolli di roccia sul pilastro nord del Pizzo Cengalo (Bergell, Grigioni) ebbe inizio nel 2003 per poi continuare nel luglio 2011. A dicembre 2011 si verificato levento finora maggiore con un volume di ca. 1.5 milioni di m3. Anche nel caso di questa frana era visibile ghiaccio nella zona di distacco. Altri crolli di roccia di minor entit sono seguiti nel 2013 e nel 2016. Le deformazioni della parete rocciosa vengono monitorate sia tramite laserscanner terrestre sia tramite interferometria radar (fig. 5 & 6). Con le nuvole di punti ottenute dal laser scanner e le immagini fotogrammetriche anche qui, come sul Piz Kesch, stata fatta unanalisi strutturale geologica (fig. 7). Si evidenziato che la deformazione della parte superiore del pilastro continua, il che partendo dal modello strutturale corrisponde ad un volume di deformazione di svariati milioni di metri cubi. Tra il 2013 e il 2016 la deformazione nella parte superiore del pilastro era di circa 30 cm in totale, quindi in media 10 cm/a (fig. 6). A causa della portata della deformazione si deve presumere un movimento profondo, lanalisi strutturale suggerisce una combinazione tra ribaltamento e franamento (De Preux, 2014).
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Figura 5: deformazioni sul Pizzo Cengalo per il periodo 2012-2014, misurate effettuate con interferometria radar terrestre (Terrasense Switzerland).
Figura 6: deformazioni del pilastro nord-orientale del Pizzo Cengalo fra il 2013 e il 2016 calcolate con dati del laserscanner terrestre. Le deformazioni sono misurate in posizione ortogonale rispetto al livello dellimmagine.
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Figura 7: proiezione stereografica delle fessure sul Pizzo Cengalo, definita con fotogrammetria (superfici) e nuvole di punti da laserscanner (punti).
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2.4. Crolli di roccia sul Gross Krpf
Sul Gross Krpf (Cantone Glarona) i partner progettuali hanno analizzato lattivit di crollo di roccia in una terza stazione e inserito i risultati in una tesi di master (Lanfranchi, 2012). Qui nel 1995 iniziata la serie pi recente di crolli di roccia e di grandi deformazioni. Oltre alle misurazioni con laserscanner terrestre (TLS), allinterferometria radar e ad unanalisi strutturale geologica, effettuate anche in questo punto, in diverse fessure sono state effettuate misurazioni estensimetriche e il movimento delle rocce stato monitorato con due stazioni GPS in-situ. In questo punto diverse torri del crinale del Krpf scivolano su una zona debole inclinata a 30 finch la forte destabilizzazione di questarea determina il crollo di parti di roccia (fig. 8).
Figura 8: profilo della parte centrale di instabilit sul Krpf (Lanfranchi 2012).
Le misurazioni radar hanno rilevato dei movimenti di scivolamento di diversi millimetri al giorno (fig. 9), le misurazioni TLS negli anni 2010 - 2016 hanno rilevato un movimento medio di ca. 50 cm/a, a livello locale fino a 80 cm/a. Secondo le misurazioni estensimetriche sul Krpf, effetti stagionali come cicli gelo-disgelo e dilatazione termica della roccia causano aperture reversibili di fessure in inverno. In aree particolarmente attive sono state tuttavia misurate anche aperture irreversibili di fessure che perdurano tutto lanno ma subiscono unaccelerazione nei mesi invernali (fig. 10). Accanto ai movimenti di base gravitativi e strutturali, tali accelerazioni sono da ricondurre alla pressione criostatica (Lanfranchi, 2012).
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Figura 9: risultati della misurazione di deformazione con radar sul Gross Krpf in data 8 e 9.10.2009
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Figura 10: misurazioni con estensimetro nelle fessure delle torri del Krpf (Lanfranchi 2012). Sono stati rilevati sia movimenti reversibili (sopra) sia aperture irreversibili (sotto). Entrambi i processi hanno avuto luogo soprattutto in inverno (Amann et al., 2016).
2.5. Stazione di ricerca Gemsstock
Per analizzare le temperature della roccia allinterno di una massa rocciosa nel 2005 a Gemsstock (Andermatt, Uri) si operata una perforazione orizzontale da nord a sud lungo tutto il crinale della vetta, e il foro di sondaggio stato dotato di una catena di termistori. I risultati della misurazione evidenziano un caratteristico ritardo del segnale di temperatura stagionale con la profondit. Cos per esempio le temperature pi basse al centro del crinale di vetta del Gemsstock si hanno ad una profondit di 20 m nel pieno dellestate (fig. 11).
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N
S
Figura 11: temperature nel foro di sondaggio orizzontale nel crinale del Gemsstock (2007-2016). La profondit del foro si conta iniziando da 0m in ordine decrescente da nord a sud. Linizio dellanno idrologico (1. 10) contrassegnato da linee nere. In quel momento si misura rispettivamente la temperatura pi bassa al centro della massa rocciosa ad una profondit di ca. -20m (Dati: SLF/PERMOS).
I profili nevosi sulle pareti rocciose del Gemsstock hanno evidenziato che alla base del manto nevoso si costituisce uno spesso strato di ghiaccio direttamente sulle rocce. Sui versanti a sud gi allinizio dellinverno, sui versanti a nord solo con linizio dello scioglimento delle nevi. Mentre durante lestate lacqua piovana ha potuto penetrare liberamente nel sistema di fessure del crinale, creando delle oscillazioni di temperatura nel foro di sondaggio (fig. 12), questa crosta di ghiaccio in primavera ha impedito completamente la penetrazione di acque di scioglimento (Phillips et al., 2016a). Anche in altre pareti rocciose (per es. sullo Jungfraujoch Sphinx) si sono riscontrati simili strati basali di ghiaccio sotto il manto nevoso, e sembra trattarsi di un fenomeno diffuso (fig. 13). Ci andrebbe a contraddire la tesi corrente secondo la quale le acque di scioglimento che penetrano in primavera avrebbero un impatto destabilizzante sulle pareti rocciose alpine.
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Fig. 12: allinterno del foro di sondaggio del Gemsstock delle precipitazioni hanno determinato brevi oscillazioni di temperatura in estate (frecce). Fino ad agosto si tratta di valori negativi, lacqua piovana deve perci essere passata attraverso aree rocciose pi fredde nel tragitto verso il foro di sondaggio. Poich le temperature si avvicinano a 0C, ci indica la presenza di ghiaccio nelle fessure e negli interstizi al di sopra del foro di sondaggio. In ottobre le oscillazioni di temperatura sullo stesso termistore sono positive, sembra quindi che il ghiaccio nel frattempo si sia sciolto (Phillips et al. 2016a).
Figura 13: sinistra: strato di ghiaccio basale sul versante nord del crinale del Gemsstock il 16.5.2014. La tavoletta lunga 20 cm. (Foto: M. Phillips). A destra: strato di ghiaccio basale sul versante nord del Jungfraujoch Sphinx il 2.5.2013. La piccozza lunga 45 cm (Foto: H. Rhyner).
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Inoltre sul Gemsstock sono state effettuate annualmente misurazioni di monitoraggio con un laserscanner terrestre. Le misurazioni documentano dal 2009 la destabilizzazione di parti di roccia fino ad alcune centinaia di metri cubi nella zona da poco scoperta dal ghiaccio e il loro successivo crollo. Ciascuno di questi crolli stato annunciato, in parte diversi anni prima, da movimenti di ribaltamento (Kenner et al., 2011), (fig. 20). Durante il periodo di monitoraggio i crolli di roccia si sono verificati esclusivamente nelle pareti prima coperte da ghiaccio.
2.6. Stazione di ricerca sul crinale orientale dello Jungfrau
Un ulteriore foro di sondaggio per la misurazione della temperatura nelle pareti rocciose si trova sul crinale orientale dello Jungfrau (Grindelwald, Berna). Il livello di temperatura misurato negli anni sul crinale orientale dello Jungfrau mostra una chiara tendenza al riscaldamento della roccia fino almeno ad una profondit di 21 m (fig. 14). Il segnale di temperatura stagionale , come sul Gemsstock, fortemente percepibile anche a questa profondit.
Profondit
Figura 14: Le temperature della roccia sul crinale orientale dello Jungfrau con diverse profondit di sondaggio a 3600 s.l.m. indicano una chiara tendenza al riscaldamento (Dati: SLF / PERMOS).
2.7. Banca dati dei crolli di roccia
Altri crolli di parete rocciosa in tutta larea alpina sono stati raccolti in una banca dati dellSLF, che considera sia eventi attuali che storici. Sono stati raccolti il maggior numero possibile di dati, come per es. ampiezza, altezza ed esposizione della zona di distacco, data dellevento o presenza di ghiaccio nella zona di distacco. Queste informazioni permettono di stilare dei modelli spazio-temporali dellattivit di crollo di roccia. I crolli fino a ca. 100000 m3 mostrano una forte frequenza a fine estate ad altitudini di ca. 3000 m. Le frane e i crolli pi ampi interessano tutte le altitudini e sono distribuiti in maniera omogenea soprattutto nella seconda met dellanno (fig. 22).
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2.8. Analisi GIS dei crolli di roccia sui ghiacciai
Nellambito di una tesi di bachelor stata effettuata unanalisi GIS sul tema dei crolli di roccia sui ghiacciai (Waibel, 2016). A questo scopo, sulla base della serie Swissimage Orthophoto 1998 2015, sono stati cartografati tutti i crolli di roccia verificatisi sui ghiacciai svizzeri. Ne scaturita una banca dati di 1196 episodi di crollo di roccia sulla base dei quali stata derivato un modello spazio-temporale della distribuzione di questi fenomeni. Ci ha messo in evidenza una forte attivit di crollo di roccia durante mesi dellanno pi caldi della media (fig. 15). Su questarco di tempo si continuato a riscontare un tendenziale aumento di eventi. Dal punto di vista spaziale la maggior parte dei crolli ha interessato il settore di esposizione nord (rapporto O-N-E a E-S-O di ca. 2:1, si veda la fig. 16). Laltitudine media delle aree di deposito detritico si differenziata mediamente di ca. 200 metri tra i versanti esposti a nord e quelli esposti a sud. Laltitudine media dei crolli di parete rocciosa era di 3200 m con una tendenza al rialzo sul periodo. Il permafrost nelle pareti rocciose delle Alpi svizzere attualmente diffuso fino ad un limite inferiore di ca. 3000 m.
Figura 15: lattivit di crollo di roccia nelle Alpi centrali svizzere mostra un collegamento con le temperature medie estive sul periodo di osservazione 2000-2013 (Waibel, 2016).
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Figura 16: lattivit di crollo di roccia assai pi elevata nel settore nord che nelle esposizioni a sud.
3. Fattori di impatto sul crollo di roccia
3.1. Predisposizione strutturale
Le linee di rottura e il tipo di meccanismo che caratterizzano un crollo di roccia sono strutturalmente predefiniti. Fondamentali a questo proposito sono il tipo di roccia, la direzione principale di fessurazione della massa rocciosa nonch landamento di zone di disturbo o faglie. La linea di rottura viene determinata in grande misura dalla direzione delle forze di carico (Aliha et al., 2010) nonch dalla microstruttura della roccia (Hoagland et al., 1973). Lorientamento di queste linee di rottura rispetto alla forza di gravit definisce il processo di movimento che precede il crollo di roccia (per es. scivolamento, rovesciamento, rotolamento). La predisposizione strutturale determina la vulnerabilit di una parete rocciosa rispetto ai processi destabilizzanti nonch la frequenza e dimensione dei crolli di parete rocciosa. Non pu tuttavia a parte scale temporali rilevanti dal punto di vista tettonico rappresentare di per s un fattore scatenante.
3.2. Pressione criostatica
Con pressione criostatica si intende la forza sprigionata dallespansione termica durante la fase di passaggio da acqua a ghiaccio. Il netto aumento di volume del 9% durante il processo di congelamento crea pressione e sollecitazioni di taglio nella roccia, il che pu determinare delle fratture e quindi un irreversibile allargamento delle fessure e disgregazione della roccia (Girard et al., 2013). A causare questo fenomeno pu essere o
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dellacqua gi presente e ferma nelle fessure (Hall et al., 2002; Matsuoka and Murton, 2008) oppure anche umidit dagli interstizi della roccia che le forze di suzione criogeniche spingono verso la massa di ghiaccio, facendola ingrossare (Murton et al., 2006; Walder and Hallet, 1985).
Solitamente il primo processo descritto avviene nel corso dei cicli di gelo-disgelo ed noto come crioclastismo. Durante questo processo, a causa del raffreddamento di parti rocciose in autunno e allinizio dellinverno, si ha il congelamento dellacqua che durante i mesi estivi penetrata nella roccia. La condizione necessaria che il fronte di ghiaccio avanzi su tutti i lati cos da imprigionare lacqua, che non pu penetrare negli strati pi profondi della roccia (Matsuoka and Murton, 2008). Questo pu accadere su parti di roccia esposte come creste, torri o blocchi, oppure in aree nelle quali il permafrost nel sottosuolo con le temperature in calo dalla superficie crea un fronte di ghiaccio chiuso intorno allacqua, che non trova altra via duscita. A maggiori profondit non ci sono cicli di gelo-disgelo e quindi questo processo contribuisce solo in piccola parte a crolli di parete rocciosa particolarmente profondi.
Affinch si verifichi la segregazione del ghiaccio in fessure e spacchi servono varie condizioni. Innanzitutto la roccia deve presentare umidit, sufficiente una saturazione del 65% ca. (Murton et al., 2006). Occorre inoltre un gradiente di temperatura lungo il quale si possa trasportare lumidit, preferibilmente in un range di temperatura da -3 a -6 C (Hallet et al., 1991). Secondo leffetto Gibbs-Thomson, in una fessura piena di ghiaccio, sulla superficie di confine tra il ghiaccio e la superficie della roccia, sussiste anche a temperature negative un sottile strato di acqua. Se altra umidit raggiunge questo strato, sul confine acqua-ghiaccio si pu formare nuovo ghiaccio che fa aumentare la pressione criostatica nella fessura (Davies et al., 2000). Contemporaneamente nellinterstizio intorno alla fessura si crea, a causa del trasporto di umidit verso la lente di ghiaccio, una pressione negativa, la criosuzione. La tensione di suzione criostatica lungo la direzione di segregazione pu cos arrivare a diversi megapascal (Walder and Hallet, 1985). Il gradiente di pressione contribuisce quindi alla crescita della massa di ghiaccio, il che determina ulteriori pressioni criostatiche e il conseguente allargamento e ingrandimento della fessura. (Girard et al., 2013). Solitamente le migliori condizioni per la segregazione del ghiaccio si creano nel permafrost vicino allo strato attivo (Murton et al., 2006).
Figura 17: rappresentazione schematica della segregazione del ghiaccio. Lumidit viene trasportata lungo il gradiente di temperatura e forma ghiaccio nelle fessure (Immagine da Felder (2015)).
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3.3. Permafrost
Le temperature pi basse di ca. -1.5 C hanno in effetto stabilizzante sulle rocce alpine (Davies et al., 2001). Il ghiaccio del permafrost nelle diaclasi al di sotto di questa temperatura ha un effetto compattante ed incrementa la resistenza al taglio delle fessure, che col calare della temperatura del permafrost aumenta ulteriormente (Petrovic, 2003). Cos il ghiaccio del permafrost in grado di stabilizzare anche rocce fortemente frammentate. Questo sembra verificarsi soprattutto per scale di volume fino a 100000 m3; i fenomeni di crollo di roccia fino a questa dimensione, infatti, si accumulano nella banca dati dellSLF nelle aree con permafrost caldo e durante il riscaldamento stagionale. Limpatto del permafrost su instabilit di maggiori dimensioni con zone di distacco e di scivolamento profonde fino ad oggi poco chiaro. Il permafrost ha inoltre un effetto impermeabilizzante ed impedisce allacqua di penetrare in profondit nella massa rocciosa (Haeberli et al., 1997), provvedendo cos per anche a un pi efficiente ristagno dellacqua nel sistema delle fessure (Krautblatter et al., 2013). Il permafrost grazie a queste caratteristiche in grado di conservare per molto tempo instabilit latenti, senza che si verifichino fenomeni di crollo. In questo lasso di tempo la stabilit strutturale della roccia pu ulteriormente peggiorare, per es. a causa della segregazione del ghiaccio. Se a quel punto si verifica un riscaldamento indotto dal clima oppure addirittura uno scioglimento del permafrost, queste instabilit si riattivano e possono causare dei crolli di roccia con unalta frequenza. Per indebolire leffetto stabilizzante del permafrost gi sufficiente un lieve riscaldamento. Se la temperatura del ghiaccio sale al di sopra di -1.5 C, la resistenza al taglio della fessura piena di ghiaccio pu scendere addirittura al di sotto del livello della roccia che non presenta permafrost (Davies et al., 2001). La plasticit del ghiaccio a quel punto talmente alta, e la capacit agglomerante talmente bassa, che il permafrost ad una temperatura vicina a 0C ha addirittura un effetto destabilizzante. Un riscaldamento del permafrost pu inoltre causare lo scioglimento del ghiaccio interstiziale, che cos a disposizione per la segregazione. Un riscaldamento pu essere causato o da eccezionali periodi di caldo estivi, che causano soprattutto piccoli crolli rocciosi (Gruber et al., 2004) (si veda anche ww.slf.ch/ueber/organisation/schnee_permafrost/projekte/felsstuerze_2015/index_DE), (fig. 22), oppure anche da una tendenza di lungo termine, che provoca un riscaldamento pluriennale che a sua volta pu favorire crolli anche di entit media, indipendentemente dalla stagione. Anche in caso di grandi crolli o frane spesso visibile ghiaccio nella zona di distacco. Questo un indizio del permafrost, ma di per s non unindicazione sufficiente per concludere che i cambiamenti del permafrost contribuiscano in maniera essenziale ai crolli di roccia. Una volta che linstabilit rocciosa stata innescata, anche la funzione stabilizzante e impermeabilizzante del permafrost nulla. Lacqua pu penetrare nei nuovi sistemi fessurali creatisi e determinare unaccelerazione progressiva dei movimenti fino a portare al crollo di roccia. Nel caso di movimenti rocciosi perduranti, quindi, leffetto del permafrost piuttosto ridotto, oppure addirittura destabilizzante. Le temperature negative costanti impediscono che lacqua che penetra nel nuovo sistema di fessure appena creato scorra via velocemente, il che produce ulteriore pressione criostatica, cui si aggiunge quella generata dal processo di congelamento (Hasler et al., 2012).
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3.4. Glaciazione
La glaciazione di pareti rocciose o di versanti montuosi estremamente scoscesi ha molteplici effetti sulla roccia sottostante. Intanto il ghiaccio del ghiacciaio ha un effetto di isolamento termico e in parte di impermeabilizzazione della superficie rocciosa. Non ci sono perci, o soltanto in misura molto limitata, oscillazioni di temperatura stagionali. Se il ghiacciaio sufficientemente freddo si pu formare il permafrost, in ogni caso per ci sono temperature costanti vicino a 0 C. In alcuni casi le precipitazioni o lacqua di scioglimento della neve non riescono a penetrare nella parete rocciosa. Contemporaneamente un ghiacciaio situato sulla parete rocciosa pu avere una funzione di sostegno per la roccia, e cos inibire i processi di movimento (Ballantyne, 2002). Al tempo stesso per, la coltre di ghiaccio che grava sulla roccia esercita una forza di pressione e di taglio sulla roccia sottostante (McColl, 2012). Il passaggio da glaciazione a scomparsa del ghiaccio pu cos provocare un logoramento della struttura rocciosa, sottoposta al cambiamento di carico (Cossart et al., 2008). Questimpatto particolarmente forte quando il ghiacciaio non attaccato, bens quando si muove sulla superficie della roccia. A quel punto si hanno anche processi di erosione glaciale classici, che asportando roccia possono modificare fortemente e a lungo termine la forma e la geometria delle pareti rocciose. Questo fenomeno si manifesta spesso con parti nettamente scoscese ai piedi delle pareti rocciose. Lindebolimento della base della parete rocciosa che cos si crea determina maggiori concentrazioni di tensione ai piedi dei versanti, il che pu avere delle ripercussioni sulla stabilit di unintera scarpata (Dadson and Church, 2005). Il ritiro o scioglimento del ghiaccio del ghiacciaio pu avere, conformemente alle caratteristiche descritte, ripercussioni simili alla degenerazione del permafrost: le instabilit conservate per lungo tempo oppure sorte durante la glaciazione si attivano come diretta conseguenza del ritiro del ghiacciaio e possono portare al collasso nel giro di dieci anni (Kos et al., 2016). La causa di ci sono lacqua che penetra e lavvio di cicli di gelo-disgelo, nonch il venire a mancare della funzione di sostegno del ghiacciaio che cos facilita maggiori movimenti di masse (fig. 18). A questo punto il permafrost eventualmente presente pu sciogliersi pi rapidamente.
Figura 18: a sinistra: crollo di roccia (ca. 200000 m3) dalla Punta Tre Amici sul ghiacciaio Nord delle Loccie (I) il 17.12.2015 (Foto: G. Mortara). A destra: crollo di roccia (ca. 30000 m3) sul Pic de la Brenva (I) il 10.10.2016 (Foto: Fondazione Montagna Sicura).
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3.5. Forti precipitazioni e pressione idrostatica
In conseguenza di forti piogge i sistemi di fessure possono riempirsi temporaneamente di acqua, cos da creare una pressione idrostatica che pu raggiungere la dimensione di diversi megapascal (fig. 19) e quindi provocare delle fratture (Fischer et al., 2010). Contemporaneamente lacqua riduce la resistenza al taglio sui punti di contatto nel sistema di fessure e pu quindi rappresentare il fattore scatenante di un crollo di roccia (Krautblatter et al., 2013; Wieczorek and Jger, 1996). Inoltre la pioggia provoca un improvviso apporto di energia laterale fino a grandi profondit del sistema di fessure, e pu cos determinare un riscaldamento del ghiaccio fessurale (fig. 12 & 20). La figura 20 mostra come la combinazione tra riscaldamento del ghiaccio, pressione idrostatica e perdita di attrito pu generare il crollo di una parete rocciosa. Nella zona di distacco del crollo documentato stato trovato del ghiaccio.
Wassersule (m)
Pressione idrostatica nella fessura W (MPa)
0 2 4 6 8 10 0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
Figura 19: pressione idrostatica nelle fessure in dipendenza dalla colonna dacqua.
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a) b)
c)
d)
Figura 20: tra le misurazioni TLS del 2014 e del 2015 si sono evidenziate deformazioni rocciose sulla parete nord del Gemsstock (a). Dal 13 al 19.09.2015 si sono verificate forti piogge (b) che hanno determinato un riscaldamento delle temperature rocciose fino a 10 metri di profondit (c), (la profondit misurata da nord, si veda la sezione 2.5 per i dettagli). Il 19.09.2015 le parti di roccia gi deformate sono crollate, probabilmente in conseguenza del riscaldamento e della pressione idrostatica (d) (Dati: SLF / PERMOS).
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3.6. Processi termomeccanici
Le oscillazioni stagionali di temperatura dellatmosfera penetrano fino ad una certa profondit e con sempre minore ampiezza anche nelle pareti rocciose. I cambiamenti di volume indotti in questo strato termoattivo causano delle sollecitazioni nella roccia (Gischig et al., 2011a). Una grande parte delle deformazioni cos causate pu essere reversibile (Lanfranchi, 2012). Tuttavia, sul lungo periodo possono verificarsi, soprattutto sulle discontinuit, delle rotture da affaticamento che contribuiscono allallargamento della fessura e alla disgregazione della roccia (Erismann and Abele, 2001; Hasler et al., 2012). Gischig et al. (2011b) son riusciti a dimostrare che le sollecitazioni termoindotte nella roccia possono addirittura andare ben oltre lo strato termoattivo e che nel caso della frana di Randa possono esercitare un impatto fino a una profondit di pi di 100 m, dove in zone di rottura vanno a creare deformazioni irreversibili.
3.7. Terremoti
I terremoti possono scatenare dei crolli di roccia, a seconda della potenza del terremoto e della distanza dallepicentro. Keefer (1984) mostra sulla base di dati empirici i valori limite che scatenano i crolli di roccia in dipendenza da queste due grandezze. Frequentemente sono stati osservati dei crolli di roccia scatenati da terremoti a partire dalla magnitudo 5 della scala Richter (Wieczorek and Jger, 1996). Decisiva per limpatto di un terremoto la predisposizione: le zone fessurate allinterno di movimenti di versante attivi possono, a causa di un terremoto, subire oscillazioni 8 volte pi forti rispetto al terreno circostante (Moore et al., 2012). Di conseguenza in queste aree anche dei terremoti relativamente deboli possono scatenare dei crolli di parete rocciosa. Viceversa i crolli di parete rocciosa a partire da 50000 m3 nella maggior parte dei casi emettono segnali sismici, il che permette di determinarne con esattezza il momento di distacco e la posizione approssimativa (Dammeier et al., 2011).
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4. Il processo di destabilizzazione
Il monitoraggio geodetico di tutte le zone soggette a crollo di pareti rocciose presentate al capitolo Base di dati ha fornito un risultato comune: tutti i fenomeni di crollo di roccia, indipendentemente dallentit, si sono annunciati mesi prima sotto forma di deformazioni delle rocce, da qualche centimetro a diversi centimetri. Anche altri studi sono giunti a questo risultato (Abelln et al., 2010; Rabatel et al., 2008). Quando venivano misurati dei movimenti irreversibili dellentit descritta, a questi seguivano in tutti i casi, a breve o a medio termine, dei crolli. Ne consegue dunque che possibile riconoscere anticipatamente fenomeni di crolli di pareti rocciose. Le deformazioni rocciose che precedono detti fenomeni illustrano anche per che il crollo di una roccia rappresenta solo il punto finale di un lungo processo e che non viene causato improvvisamente da un singolo evento. Tutti gli studi sono giunti piuttosto alla conclusione che il crollo finale dovuto, nella maggior parte dei casi, allinterazione di vari fattori (Fischer et al., 2010; Krautblatter et al., 2013; Lanfranchi, 2012; Phillips et al., 2016c). Come nel caso del Piz Kesch, questi processi possono durare diverse migliaia di anni e manifestare gradi dintensit differenti prima che si verifichi il crollo della roccia.
4.1. Rilevanza dei singoli fattori
Indubbiamente, il (veloce) riscaldamento climatico funge da catalizzatore e intensifica notevolmente gli aspetti destabilizzanti dei fattori pressione criostatica, permafrost, ritiro dei ghiacciai e forti precipitazioni. Lattuale forte aumento dei crolli di roccia nel settore settentrionale (circa il 65% Waibel (2016)) conferma la presente immagine e lascia dedurre che nellera del riscaldamento climatico fattori come il permafrost e la pressione criostatica, pi frequenti nel settore settentrionale, giochino un ruolo centrale nei crolli di roccia. Il simultaneo aumento della frequenza di crolli di roccia in zone e periodi di permafrost caldo indica la rilevanza del permafrost per la stabilit del pendio (Ravanel et al., 2010), (fig. 22). Il sensibile aumento della frequenza di crolli di roccia nelle Alpi svizzere nellestate del 2015, calda e pi umida di estati con temperature simili ma secche, indica lelevata rilevanza delle piogge per i crolli di roccia, fino ad alte quote. Anche Keefer (1984) ha rilevato un chiaro nesso temporale tra forti piogge e crolli di parete rocciosa.
Tutti i crolli registrati dal 2006 nella banca dati dellSLF si sono verificati a una quota superiore ai 2500 m. Circa il 40% misuravano una distanza inferiore a 100 m allattuale regione dei ghiacciai ed erano probabilmente parte di un zona del ghiacciaio che in passato era pi estesa. A una quota superiore ai 2500 m, se si confronta larea di pendii ripidi dallinclinazione superiore a 40 nella zona intermedia larga 100 m che circonda il ghiacciaio con larea totale, si ottiene un rapporto di circa 15:85. Se il 40% dei crolli si verifica allinterno del 15% dellarea totale, ci indica una maggiore frequenza di crolli di roccia nelle zone limitrofe dei ghiacciai (fig. 21). Altri autori hanno constatato una maggiore frequenza di crolli di roccia nella zona che circonda i ghiacciai (Allen et al., 2011).
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Figura 21: ortofotografia delle Alpi vallesi, in rosso le aree a unaltitudine di 2500 m s.l.m. con inclinazione superiore a 40. In blu le aree che distano meno di 100 m da un ghiacciaio. I cerchi gialli marcano crolli di roccia nella zona rossa, i cerchi gialli con puntino blu marcano i crolli di pareti rocciose nella zona blu. La zona blu marca la quota pi elevata di crolli di roccia per unit di area (ortofotografia: swissimage2014 swisstopo (5704 000 000)).
I processi termomeccanici sono un fattore a impatto a lunghissimo termine e presentano unelevata continuit nel tempo, indipendentemente dal cambiamento climatico. Per questo motivo risulta difficile misurare leffetto di questi processi e quantificarne la rilevanza. Un indicatore potrebbero essere le differenze basate sullesposizione. Le escursioni termiche giornaliere e stagionali delle superfici rocciose sono molto pi marcate sulle pareti meridionali che sulle pareti settentrionali (Haberkorn et al., 2015). Ne consegue che le pareti meridionali sarebbero interessate da una maggiore espansione termica e contrazione della roccia. Lattivit di crollo di pareti rocciose nelle pareti meridionali per decisamente inferiore di quella della pareti settentrionali (Waibel, 2016). Forti terremoti, che rappresentano una causa comprovata di crolli di roccia, sono relativamente rari in Svizzera. In Svizzera vi sono solo pochi fenomeni di crolli di roccia documentati che si sono verificati in conseguenza a un terremoto (Nussbaum, 1957). Finora in Svizzera non stato dimostrato nessun rapporto tra crolli di roccia e frequenti deboli terremoti, dallintensit di 3-4 sulla scala Richter.
In linea di massima si pu constatare che la rilevanza di un fattore non identica per ogni parete rocciosa e per ogni crollo roccioso. Al contrario: leffetto di un fattore dipende fortemente dalle condizioni esterne (p.e. clima, esposizione) e interne (litologia, struttura geologica, caratteristiche del sistema di fessure, grado di destabilizzazione) e richiede in ogni caso unanalisi individuale (McColl, 2012).
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4.2. Leffetto dei singoli fattori nel corso del processo
Focalizziamoci in seguito sui probabilmente 4 fattori principali che causano il crollo di pareti rocciose in alta quota: pressione criostatica, permafrost, formazioni di ghiacciai e precipitazioni estive. Questi fattori sono attivi in scale temporali molto differenti. La pressione criostatica il fattore destabilizzante pi costante, che contribuisce attivamente allapertura e allallargamento di fessure a quasi tutte le condizioni climatiche e alla distruzione di ponti rocciosi. Questi processi hanno luogo costantemente e permanentemente e sono misurabili anche in formazioni rocciose stabili, nellapertura e chiusura stagionale di crepacci (Lanfranchi, 2012). Gli effetti temporali del permafrost e della formazione di ghiacciai sono meno marcati. Essi sono legati alle variazioni climatiche e si manifestano soprattutto in conseguenza a riscaldamenti climatici (Gruber et al., 2004; McColl, 2012). Questi fattori possono determinare una temporanea intensificazione dellattivit di crollo roccioso, analoga a quella alla quale assistiamo momentaneamente. Le forti precipitazioni estive e la conseguente pressione idrostatica costituiscono invece la causa di crolli rocciosi dalleffetto pi immediato. In una zona rocciosa sufficientemente destabilizzata dagli altri 3 fattori, forti precipitazioni e la pressione idrostatica che si forma nel sistema di crepacci, nonch le perdite di attrito, possono fornire lultimo impulso che determina il collasso finale (Wieczorek and Jger, 1996).
4.3. Interazione dei fattori
In sintesi, tutti i principali fattori suindicati contribuiscono al logoramento della roccia e allestensione del sistema di fessure, ma a intensit temporali differenti. In seguito viene presentato un esempio fittizio, uno dei numerosi processi possibili, per illustrare come si pu verificare il crollo di una roccia: il sistema di fessure tettonicamente stabile viene ampliato da fenomeni di crioclastismo (Matsuoka and Murton, 2008). Le sezioni pi profonde sono nel permafrost e qui la segregazione del ghiaccio determina un ampliamento e approfondimento del sistema di fessure (Murton et al., 2006). Alla base della parte rocciosa scorre un ghiacciaio ed esercita pressione sulla base della parete, la quale viene compensata dalla parete attraverso una deformazione elastica (McColl, 2012). Nel corso dei millenni hanno luogo della variazioni climatiche che determinano una contrazione del ghiacciaio e un parziale scioglimento del permafrost. La variazione del carico esercitato dal ghiaccio del ghiacciaio e le risultanti deformazioni della parete rocciosa hanno determinato delle rotture da affaticamento e indebolito la base della parete rocciosa (Cossart et al., 2008). Le fasi in cui il permafrost presente solo temporaneamente, in entit ridotte, determinano dei piccoli crolli superficiali delle pareti rocciose. Inoltre, in questo periodo cicli di gelo-disgelo possono avere un impatto in grandi profondit; a seconda delle condizioni meteorologiche, ci pu avvenire su base annua oppure, dopo diverse annate fredde e il temporaneo ripristino del permafrost, anche su base pluriennale, dunque anche a profondit notevoli. Questo determina unaccelerazione della crescita delle fessure: la parete rocciosa in grado di compensare le crescenti forze attive nel sistema di fessure solo attraverso un processo di movimento irreversibile che ha luogo a diversi decametri di profondit. A partire da questo momento la pressione criostatica determina la progressiva evoluzione del processo di slittamento. Dato che esso irreversibile, ha luogo una reazione positiva e il movimento apre a sua volta nuovi spazi al crioclastismo e alla segregazione di ghiaccio. Ci accelera il processo di slittamento. Il successivo riscaldamento climatico provvede a
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sciogliere il ghiacciaio alla base della parete che confina con la zona di slittamento. Il processo di slittamento si accelera drammaticamente a diversi centimetri allanno. Scenario A: un temporale accompagnato da forti piogge durante un periodo di caldo estremo riempie il sistema di fessure con dellacqua e determina cos la caduta di una parete rocciosa di diverse 10 000 m. Scenario B: allinizio di gennaio il fronte del ghiaccio raggiunge il permafrost dalla temperatura vicina ai 0 C, causando cos un rapido congelamento dellacqua infiltrata durante lestate e intrappolata adesso tra il permafrost e il gelo stagionale. Laumento di volume dellacqua gelata e le perdite di stabilit conseguenti dalle temperature massime stagionali del permafrost determinano la caduta di una parete rocciosa superiore a 100 000 m.
4.4. Stagioni e profondit delle zone di distacco
Nellesempio precedente si nota che i due scenari finali che determinano il crollo hanno luogo in stagioni completamente differenti, uno in piena estate con un limite delle nevicate molto elevato, laltro in pieno inverno. Nemmeno le indicazioni volumetriche sono state scelte a caso. Infatti, la banca dati sui crolli di roccia dellSLF indica che il momento di inizio di un crollo roccioso dipende decisamente dalle dimensioni. I crolli di roccia dal volume fino a 100000 m hanno luogo soprattutto alla fine dellestate e sono legati a temperature delle rocce estremamente elevate (Luethi et al., 2015), (fig. 22).
Crolli di pareti rocciose di grande entit si verificano tutto lanno, con un leggero aumento della frequenza allinizio dellinverno. Ci lascia supporre che le elevate temperature del permafrost ed, eventualmente, la pressione idrostatica, influenzano la data di caduta di piccole rocce. Nel caso di grandi crolli di o di frane le cause sono apparentemente molteplici. Il volume di una parete rocciosa crollata fortemente correlato alla zona di distacco. Le zone di distacco di piccoli crolli rocciosi sono molto vicine alla superficie, cos che le escursioni termiche possono penetrare in profondit in tempi relativamente brevi. Le zone di distacco di grandi crolli di pareti rocciose sono cos profonde che delle escursioni termiche si ripercuotono con ritardo fino a sei mesi dopo, oppure non si manifesta nessuna escursione termica stagionale. In questo caso leffetto stagionale del riscaldamento del permafrost si manifesterebbe dunque solo in inverno oppure non si manifesterebbe. Una tendenza di riscaldamento del permafrost che si manifesta indipendentemente dalla stagione pu avere effetto a qualsiasi profondit. Dato che in caso di grandi crolli di roccia gli effetti stagionali non hanno praticamente nessuna influenza sulle profondit di distacco, questi crolli possono verificarsi tutto lanno. Per questo motivo molto pi difficile definire a posteriori la causa finale di un grande crollo di una parete rocciosa. Il leggero aumento della frequenza di grandi crolli di roccia allinizio dellinverno potrebbe indicare un riscaldamento del permafrost e la presenza di pressione criostatica causata dal ricongelamento. In linea di principio sono possibili tutti i fattori suesposti.
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Figura 22: crolli di pareti rocciose registrati nella banca dati dellSLF in base alla stagione, al volume e allaltitudine (1714-2017). Alla fine dellestate si nota un aumento della frequenza di piccoli eventi di crolli di roccia fino a 100 000 m a unaltitudine di circa 3000 m, che a livello temporale e spaziale corrisponde alle regioni con permafrost caldo. Grandi crolli di pareti rocciose si verificano in tutte le quote e a intervalli regolari e avvengono soprattutto nella seconda met dellanno. Possono manifestarsi anche in inverno. (Dati: SLF, PERMOS, StorMe, Guardaval, dati di Ravanel & Deline (regione del Monte Bianco).
5. Proiezione futura: il permafrost nelle pareti rocciose e il cambiamento climatico
Il crollo di una parete rocciosa rappresenta il punto finale di un processo globale di destabilizzazione talvolta lungo millenni, al quale concorrono almeno 5 fattori scatenanti. Il permafrost uno di questi fattori ed ha caratteristiche molto contraddittorie per quanto concerne la stabilit della parete rocciosa. Il permafrost un fattore stabilizzante che pu evitare il collasso di parti di roccia instabili. Esso riduce Inoltre la profondit di processi distruttivi quali il ciclo gelo-disgelo e linfiltrazione di acqua nella roccia. Contemporaneamente per il permafrost pu anche andare a potenziare leffetto destabilizzante di altri fattori:
per esempio tramite la segregazione del ghiaccio il permafrost favorisce la pressione criostatica (temperature negative continue) e il crioclastismo (formazione di un fronte ghiacciato chiuso intorno allacqua). Ma anche i processi termomeccanici hanno un impatto pi forte nel permafrost, dal momento che il ghiaccio fessurale ha un coefficiente di dilatazione pi alto della roccia stessa. Cos il permafrost catalizza la fessurazione della roccia, impedendo al tempo stesso i movimenti delle masse.
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Non appena tuttavia il permafrost si riscalda o si scioglie, si attivano le instabilit cos generate. Ci accade come conseguenza del cambiamento climatico, responsabile non soltanto di un aumento delle temperature medie e di ondate di caldo estreme, bens anche di un incremento di forti precipitazioni ad alta quota ADDIN EN.CITE Scherrer20161482(Scherrer et al., 2016)1482148217Scherrer, S. C.Fischer, E. M.Posselt, R.Liniger, M. A.Croci-Maspoli, M.Knutti, R.Emerging trends in heavy precipitation and hot temperature extremes in SwitzerlandJournal of Geophysical Research: AtmospheresJournal of Geophysical Research: Atmospheres2626-26371216climate extremestrendsclimate changeprecipitationtemperatureSwitzerland1616 Climate variability1637 Regional climate change1626 Global climate models1620 Climate dynamics3305 Climate change and variability20162169-8996http://dx.doi.org/10.1002/2015JD02463410.1002/2015JD0246342015jd024634(Scherrer et al., 2016).
I restanti due fattori, i ghiacciai e le forti precipitazioni, accanto alle loro propriet distruttive rispetto alle pareti rocciose possono potenziare ulteriormente il riscaldamento del permafrost: il permafrost pu in seguito alla scomparsa del ghiaccio da pareti rocciose precedentemente coperte da ghiacciaio perdere il proprio equilibrio e quindi il proprio effetto stabilizzante. ADDIN EN.CITE Davies200172(Davies et al., 2001)727217Davies, M.C.R.Hamza, O.Harris, C.The effect of rise in mean annual temperature on the stability of rock slopes containing ice-filled discontinuitiesPermafrost and Periglacial ProcessesPermafrost and Periglacial Processes137-14412icefrozen rock slopeslaboratory experimentspermafrostslope stability2001(Davies et al., 2001). Le forti piogge aggiungono ad una parete rocciosa con permafrost grandi quantit di energia laterale e possono determinare cos un riscaldamento del ghiaccio.
Il permafrost di per s solo uno stato termico, quindi difficilmente il fattore scatenante di crolli di roccia. Detiene tuttavia una funzione regolatrice, pu sia potenziare che frenare i processi distruttivi e conservare o attivare fenomeni dinstabilit. Nella fase attuale di riscaldamento e degenerazione del permafrost sono soprattutto vecchie instabilit latenti ad essere attivate. Contemporaneamente gli strati attivi pi profondi determinano un impatto pi forte dei cicli di gelo/disgelo e delle precipitazioni. Di conseguenza, nei periodi in cui perdurano i cambiamenti del permafrost siamo confrontati con una frequenza decisamente superiore di fenomeni di crollo roccioso.
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